MES: opportunità o pericolosa minaccia?
La finanza deve tornare ad essere volano per il Paese

Interessante intervista di Milano Finanza ad Alessandro Tentori, Cio di AXA IM Italia, che fa il punto sulla situazione del debito italiano e sulla opportunità di accedere al Mes, la linea di credito messa a disposizione dall'Ue fino al 2% del Pil, legata alle spese per la pandemia. 

(Ricordiamo che le obiezioni politiche al Mes, sono di due tipi:

la prima è che si tratta appunto di un prestito, e come tale ha le sue condizioni, seppur mitigate;

la seconda è l’entità del prestito (37 mld, e cioè il 2% del PIL), sicuramente non sufficiente a soddisfare le esigenze di liquidità che la crisi Covid 19 ha causato in Italia).

Secondo Tentori, finanziare attraverso il Mes per 10 anni 37 miliardi di euro è un'operazione vantaggiosa per diversi Paesi europei, tra i quali l'Italia. 

(Ciò che Tentori dimentica di affrontare è la problematica legata al  fatto che il Mes diverrebbe nostro creditore privilegiato, con buona pace di quanti hanno sottoscritto e sottoscriveranno titoli di Stato italiani.

La questione non è di poco conto, dato che questo determinerebbe un aumento dei tassi di interesse sui titoli di Stato di nuova emissione, con inevitabili ricadute sullo spread).

Resta poi la questione aperta delle condizioni, illustrate nel comunicato stampa dell'Eurogruppo dell'8 maggio scorso. 

Il finanziamento deve essere utilizzato per spese "dirette e indirette di salute pubblica, cura e prevenzione legate alla crisi Covid-19", inoltre la sorveglianza dei Paesi che richiederanno accesso alla linea di credito sarà "commisurata allo shock". Infine, terminata l'emergenza, gli Stati membri si impegnano a rinforzare i loro fondamentali economici e finanziari, in linea con i criteri di "coordinamento e di sorveglianza dell'Ue".

Tentori, giustamente,  ricorda che "un prestito non è un regalo e come tale implica un equilibrio tra costi e benefici. Sta alle due parti negoziare le condizioni del prestito in maniera soddisfacente". 

In teoria, la condizione sufficiente richiede che "il valore presente sia uguale per entrambe le parti". Secondo l'esperto, "la linea di credito del Mes è un'operazione soddisfacente, nel senso che trova un equilibrio tra il costo del funding e il costo di condizioni future". 

Se però queste condizioni non fossero più accettabili, un Paese Ue potrebbe sempre "scegliere di emettere l'ammontare equivalente sul mercato, probabilmente pagando una cedola più alta, per ripagare integralmente il debito contratto con il Mes". 

E qui entra in scena la Bce. Tentori cita l'articolo che Carlo Cottarelli ha pubblicato di recente sul Financial Times, in base al quale "la Banca centrale europea aumenterà probabilmente il portafoglio di titoli di stato italiani di 170 miliardi nel 2020, ovvero il 10% del Pil del Paese". 

Per Tentori questo è "sicuramente un punto di forza nelle negoziazioni tra Roma e Bruxelles, visto che il finanziamento sul mercato potrebbe essere comunque fatto a costi relativamente contenuti grazie al costante sostegno di Francoforte", che di fatto opera per l'80% degli acquisti dei Btp attraverso Banca d'Italia. La situazione è quindi diversa, per ora, dal 2011. Il punto è che cosa accadrà dal 2021 in poi, quando il programma di acquisti della Bce sulla pandemia, il PEPP, dovrebbe terminare.

A regime, ricorda Tentori, l'Eurosistema potrebbe arrivare a detenere il 33% del debito pubblico di ogni Stato membro. Si tratta di obbligazioni che rimarranno sul bilancio dell'Eurosistema fino a scadenza e probabilmente verranno anche reinvestite, "qualora la strategia di politica monetaria lo richiedesse. A questo va sommato il contributo del PEPP. E non dimentichiamo gli acquisti relativi alla regolamentazione bancaria (Basilea III) e previdenziale (Solvency II). Sebbene si tratti del settore privato, la fetta è comunque significativa. Anche questi sono investimenti a bassissima frequenza di turnover, rimangono quindi sui bilanci praticamente fino a scadenza".

Questo significa che di fatto i titoli di Stato non scambiano sul mercato, ovvero il modo più sicuro per eliminare il rischio di forti oscillazioni dei prezzi. E quindi "il rischio dei titoli governativi della zona euro è stato progressivamente, direttamente e indirettamente endogenizzato dalle autorità europee", sul modello del Giappone.

Di conseguenza, Testori suggerisce, visto che le obbligazioni sono di fatto "non marketable", cioè non vengono comprate e vendute sul mercato, di rivedere la definizione di debito pubblico di Eurostat 

" così facendo si ridimensionerebbe anche il concetto di rapporto debito/Pil, che purtroppo ancora oggi viene spesso usato come indicatore di rischio sovrano".

Tentori ha ovviamente ragione, basti pensare che il rapporto debito/Pil del Giappone prima dell'intervento da 1.100 miliardi di dollari sulla pandemia era al 230%, ben oltre il 155% previsto per l'Italia dopo la manovra. Ma per l'agenzia americana Fitch il Giappone ha un rating Mid A, mentre l'Italia è oggi a rischio declassamento nell'area junk, spazzatura. 

L’unico modo per uscire da questa crisi, al di là dell’adozione o meno del Mes, da parte dell’Italia, è che la BCE continui a fare la sua parte, e la finanza torni ad essere volano per il Paese.