Licenziamento legittimo se il lavoratore è in permesso con certificati medici falsi
Cassazione Civ. Sez. Lavoro Sent. N.8925/2015
Legittimo il licenziamento del dipendente che per giustificare la propria assenza produce certificati medici falsi. Lo precisa la Cassazione con la sentenza n. 8925/2015. Il datore - sulla base del comportamento grave tenuto dal prestatore che aveva provato a giustificare due giornate di assenza con certificati sanitari non legittimi - aveva provveduto a mettere un punto definitivo al rapporto di lavoro. L’indagine penale - Sul punto la Corte d'appello aveva sottolineato come bene avesse fatto il datore ad attendere lo sviluppo degli atti dell'indagine penale prima di verificare la fondatezza dell'addebito ai fini della giustificazione del licenziamento e che l'intensità del dolo, dovuto all'impiego di modalità fraudolente della condotta a causa delle quali la dipendente aveva riportato condanna penale confermata in secondo grado, induceva a ritenerla persona inaffidabile, per cui il licenziamento era da considerare giustificato. In questo modo il datore in presenza di una pronuncia penale di condanna aveva tutte le carte in regola per dimostrare che non poteva più sussistere un vincolo di fiducia con il prestatore. L’indagine penale - La gravità dell’addebito -  La Cassazione, peraltro, ha ricordato come i giudici d'appello non avessero tralasciato di effettuare un'autonoma valutazione della gravità degli addebiti disciplinari contestati. Il tutto effettuato con un giudizio congruamente motivato ed esente da rilievi di ordine logico-giuridico che metteva in evidenza l'intensità del dolo evincibile dalle modalità fraudolente, quali l'utilizzazione di certificati falsificati, modalità queste che inducevano a ritenere inaffidabile la persona che le aveva attuate. Appariva così giustificato il licenziamento proprio in considerazione del fatto che si trattava di soggetto in grado di commettere illeciti pur di ottenere vantaggi di modesta entità, come quello della mancata prestazione lavorativa per le brevi assenze. A nulla è valsa la richiesta del lavoratore di non aver considerato le disposizioni del contratto collettivo nazionale secondo cui il comportamento tenuto doveva essere punito con una sanzione conservativa. Sul punto infatti è stata ferma la risposta della Cassazione che ha negato tale possibilità al lavoratore in quanto nell'appello si era limitato a riportare solo un breve passaggio del richiamato accordo, del tutto insufficiente per rimettere in discussione la sanzione inflitta e ritenuta legittima già nel giudizio di merito. La gravità dell’addebito -