Chi ha un’informazione privilegiata la deve comunicare al pubblico anche se non sa esattamente quale effetto potrebbe avere sui prezzi degli strumenti finanziari. Il detentore che non la divulga potrebbe, infatti, trincerarsi dietro l’incertezza per acquistare una posizione di vantaggio rispetto a tutti gli altri soggetti che intervengono sul mercato e che la ignorano. La Corte di Giustizia dell’Unione europea, con la Causa C-628/13, dà una risposta alle domande pregiudiziali della Corte di cassazione francese. Gli eurogiudici forniscono tutti i parametri per valutare le notizie. La nozione di informazione privilegiata comprende quattro elementi essenziali: il carattere preciso, non pubblico, la relazione diretta o indiretta con uno o più strumenti finanziari o i loro emittenti e la capacità, se resa pubblica, di influire in modo sensibile sui prezzi degli strumenti finanziari o sui derivati.
Per raggiungere l’obiettivo della direttiva 2003/124 di assicurare l’integrità dei mercati finanziari dell’Unione e accrescere la fiducia degli investitori è certamente necessario creare la certezza del diritto. Il primo chiarimento che si impone riguarda la precisione dell’informazione che si verifica quando la notizia è sufficientemente specifica da poter concludere che può avere affetto sul mercato, l’idoneità ad incidere può essere presunta dalla possibilità che un investitore ragionevole la utilizzerebbe come uno degli strumenti sul quale fondare le sue decisioni di investimento.
Il giudice del rinvio chiedeva lumi in particolare proprio sul carattere preciso dell’informazione. Una società francese, specializzata in investimenti era, infatti, finita nel mirino dell’autorità dei mercati finanziari d’oltralpe con l’accusa di non aver comunicato al pubblico le caretteristiche di un’operazione finanziaria destinata ad avere delle ripercussioni sul mercato. Dal canto suo l’incolpata aveva giustificato il suo silenzio con l’impossibilità di stabilire il possibile effetto dell’acquisizione della partecipazione incriminata, al rialzo o al ribasso sui prezzi delle sue azioni.
Ma la Corte Ue, ancorandosi alle indicazioni dell’avvocato generale, precisa che le informazioni a carattere preciso non sono solo quelle che rendono possibile stabilire il senso che potrebbe prendere l’oscillazione dei prezzi.
Perché la condizione sia soddisfatta basta che l’informazione sia sufficientemente concreta o specifica da far supporre un effetto. Mentre le sole informazioni che possono restare “private” sono quelle troppo vaghe o generiche per poter trarre qualunque conclusione. Del resto un’interpretazione che restringesse l’obbligo di comunicazione ai casi in cui l’informazione consente di stabilire con esattezza le variazioni sui prezzi rischirebbe di vanificare lo scopo della direttiva. L’accresciuta complessità dei mercati finanziari non consente certezze, in considerazione dei diversi fattori che possono influire sulle oscillazioni dei prezzi. Questo però non può costituire un alibi per il detentore dell’informazione per non pubblicizzarla e trarne profitto.
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