Il lavoratore che intende risolvere il proprio rapporto di lavoro è obbligato a comunicarlo tempo prima al datore di lavoro, (cd. obbligo di preavviso).
Nel caso in cui ciò non avvenga, il lavoratore sarà tenuto a corrispondere al datore di lavoro un’indennità di mancato preavviso. Vi sono però alcuni casi in cui questo obbligo non sussiste, o addirittura il lavoratore può chiedere di risolvere immediatamente il rapporto di lavoro e farsi pagare la relativa indennità sostitutiva.
I casi ove non sussiste obbligo di comunicare il preavviso sono:
La giurisprudenza ha precisato in particolare che costituisce giusta causa di dimissioni del dipendente:
La durata del periodo di preavviso è stabilita nella maggior parte dei casi dai contratti collettivi ( CCNL ) e varia a seconda della categoria dei lavoratori (operai o impiegati), del livello di inquadramento, dell’anzianità di servizio.
Durante il preavviso le parti conservano tutti gli obblighi e diritti derivanti dal contratto di lavoro.
Forma
Il legislatore, con la Riforma Fornero (art. 4, commi 16-23), è tornato a disciplinare le modalità di rassegnazione delle dimissioni.
La procedura di convalida rappresenta la prima novità.
I commi 17 e 18 stabiliscono, infatti, che l’efficacia delle dimissioni e della risoluzione consensuale del rapporto viene sottoposta alla condizione sospensiva di convalida delle stesse:
a) presso la Direzione Territoriale per il Lavoro (ex. D.P.L.);
b) oppure, presso il Centro per l’impiego territorialmente competente.
In alternativa a questa procedura, il datore di lavoro può far sottoscrivere al lavoratore una specifica dichiarazione apposta in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro di cui all’articolo 21 della legge 264/1949; il comma 19 prevede che, laddove non si proceda alla convalida di cui al comma 17 o alla sottoscrizione di cui al comma 18, il rapporto di lavoro si intende risolto, per il verificarsi della condizione sospensiva, qualora la lavoratrice o il lavoratore non aderiscano, entro il termine di sette giorni dalla ricezione:
1) all’invito a presentarsi presso la Direzione territoriale del lavoro o il Centro per l’impiego territorialmente competenti, ovvero presso le sedi individuate dalla contrattazione collettiva;
2) all’invito ad apporre la predetta sottoscrizione, trasmesso dal datore di lavoro tramite comunicazione scritta;
3) all’effettuazione della revoca, ovvero il “ripensamento” del lavoratore che va comunque comunicato per iscritto.
La comunicazione contenente l’invito a comparire, deve essere inviata al lavoratore – unitamente alla ricevuta di trasmissione di cui al comma 18 – al proprio domicilio, oppure consegnata a mano per ricevuta dallo stesso, entro il termine di 30 (trenta) giorni dalle dimissioni o dalla risoluzione consensuale; entro 7 (sette) giorni da tale ricezione, la lavoratrice o il lavoratore hanno facoltà di revocare le dimissioni e la risoluzione consensuale, offrendo le proprie prestazioni al datore di lavoro. La revoca può essere comunicata in forma scritta: il contratto di lavoro, se interrotto per effetto del recesso, torna ad avere corso normale dal giorno successivo alla comunicazione della revoca: per il periodo intercorso tra il recesso e la revoca, qualora la prestazione lavorativa non si sia svolta, il prestatore non matura alcun diritto retributivo.
Altra novità è rappresentata dall'ampliamento da uno a tre anni dalla data di nascita del figlio dell’obbligo di convalida presso la D.T.R. delle dimissioni rassegnate da parte della madre lavoratrice, del padre lavoratore (se solo) o a tre anni dall’ingresso del figlio in famiglia nel caso di genitori affidatari o adottivi; è opportuno chiarire fin da subito che la mancanza di convalida, al contrario di ciò che accadeva con la l. 188/2007, determina la sospensione dell’efficacia e non la nullità delle dimissioni: non viene invece toccata la disciplina del licenziamento che, qualora intimato nel primo anno di vita del nascituro, è sempre e comunque nullo.
Inoltre si estende a tutte le altre forme di dimissioni l’istituto della convalida, coinvolgendo anche la risoluzione consensuale del rapporto: anche in questo caso, la convalida diviene condizione sospensiva dell’efficacia delle dimissioni, che comunque – una volta convalidate – retroagiscono alla data di effettiva rassegnazione.
Quando presentarle
la data in cui si rassegnano le dimissioni viene normalmente regolata per ogni singolo contratto, possono decorrere dal primo o dal quindicesimo giorno del mese, o rassegnate in qualsiasi momento.
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