Il c.d. contratto di formazione e lavoro è una tipologia contrattuale a tempo determinato non più presente all’interno del nostro ordinamento - in seguito all’abrogazione della relativa disciplina ad opera della Riforma Fornero (L. 92/2012) - e già in precedenza trasformata, nel settore privato, dalla Riforma Biagi (D.Lgs. 276/2003) nel c.d. “contratto di inserimento”.
La tipologia di contratto in parola prevedeva l'obbligo per il datore di lavoro di fornire, oltre alla retribuzione, anche una specifica attività formativa. In caso di inosservanza da parte del datore di lavoro degli obblighi del contratto di formazione e lavoro, la legge L. 19 dicembre 1984, n. 863, istitutiva della figura contrattuale de qua, prevedeva che il contratto stesso si considerasse a tempo indeterminato fin dalla data dell'instaurazione del relativo rapporto.
A questo proposito, l’orientamento giurisprudenziale prevalente ritiene che «l'inadempimento degli obblighi di formazione determina la trasformazione fin dall'inizio del rapporto in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, qualora l'inadempimento abbia un'obiettiva rilevanza, concretizzandosi nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agli obiettivi indicati nel progetto di formazione e quindi trasfusi nel contratto. In questa seconda ipotesi il giudice deve valutare in base ai principi generali la gravità dell'inadempimento, giungendo alla declaratoria di trasformazione del rapporto in tutti i casi di inosservanza degli obblighi di formazione di non scarsa importanza, tali comunque da non poter essere sanati in tempo utile, in modo da consentire comunque la formazione del giovane nel tempo stabilito» (Così, Cass. Civ. Sez. Lav., n. 16578/2004).
Ebbene, la sentenza in commento altro non fa che conformarsi alla posizione innanzi riferita.
In particolare detta Pronuncia nasce dal ricorso di un datore di lavoro – Telecom Italia – avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Roma aveva ritenuto che la formazione impartita in concreto alla lavoratrice, soccombente in primo grado, era stata del tutto insufficiente. Conseguentemente, il Giudice di secondo grado aveva dichiarato la natura subordinata del rapporto di lavoro delle parti, con conversione del rapporto e prosecuzione anche oltre il termine di scadenza ed aveva infine condannato la società a risarcire il danno alla lavoratrice in misura pari alle retribuzioni spettanti dalla messa in mora fino al compimento del terzo anno successivo alla scadenza del contratto, oltre accessori e spese di lite.
Dunque la Cassazione, nel motivare il rigetto del ricorso de quo - rilevato che la Corte territoriale avesse accertato che in concreto la lavoratrice ha avuto una formazione di soli dieci giorni rispetto a quella programmata di quattro settimane (di cui tre teoriche e l'ultima pratica con affiancamento) - ha concluso che l’accertamento di attività formativa carente o comunque inadeguata rispetto al progetto di inserimento del singolo lavoratore, concerne un giudizio che deve necessariamente passare attraverso una valutazione di rilevanza dell’inadempimento, riservata al giudice di merito e che, ove adeguatamente e correttamente motivata - come ha ritenuto nel caso di specie – non è censurabile in sede di legittimità
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