“È probabile che l’Anno del Cane inauguri un periodo di cambiamenti importanti in Cina: i politici stanno cercando di trovare un equilibrio tra la necessità di grandi riforme economiche e l’esigenza di mantenere la crescita”, afferma Charles Sunnucks, Assistant Fund Manager, Emerging Markets di Jupiter AM. “Con il cambiamento arriva la volatilità, e sarà più importante che mai distinguere tra le imprese che stanno beneficiando di un cambiamento positivo dei fondamentali e quelle che stanno semplicemente intercettando il trend favorevole che potrebbe poi esaurirsi”.
Dopo il 2006, l’ultimo anno del Cane, sarebbe facile pensare che il cambiamento economico e politico che abbiamo visto in Cina sia stato poca cosa rispetto ai cambiamenti di portata epocale vissuti in Europa dopo la crisi finanziaria del 2007-08, dopo Brexit e a seguito dell’elezione di Donald Trump negli USA, tanto per fare qualche esempio. Andando più in profondità, appare invece evidente che l’economia cinese ha vissuto una profonda ristrutturazione, arrivando a realizzare uno dei cambiamenti più radicali di qualsiasi altro mercato globale. E c’è ancora molto altro da fare.
Cominciamo dalla spinosa questione della capacità produttiva in eccesso. Per molti anni alcuni settori produttivi cinesi hanno sofferto a causa di una produzione eccessiva rispetto alla domanda, compromettendo l’efficienza interna ma provocando anche attriti a livello internazionale, dato che i produttori cinesi hanno riversato la produzione in eccesso sui mercati globali schiacciando i prezzi in termini generali. Le riforme a livello nazionale non hanno prodotto grandi mutamenti a causa della riluttanza dei leader locali a rinunciare alla crescita o ad essere ritenuti responsabili dell’aumento della disoccupazione. Eppure abbiamo cominciato a vedere delle trasformazioni, dato che alcune province hanno approfittato di un ambiente macroeconomico favorevole per accelerare il processo di riduzione della capacità produttiva o incoraggiare operazioni di M&A.
Se prendiamo in considerazione il settore siderurgico, la Cina ha fissato l’obiettivo di ridurre la capacità produttiva di 150 milioni di tonnellate entro il 2020[1]. L’iniziativa è stata un successo e si dovrebbe raggiungere questo obiettivo entro la fine dell’anno. In ultima analisi, l’obiettivo è il consolidamento e l’efficientamento del settore attraverso la riduzione del numero di operatori più piccoli e il passaggio dal 40% al 60% di quote di mercato concentrate sui primi dieci produttori: un cambiamento significativo per il settore[2]. Per le società cinesi considerate inefficienti, vi è chiaramente un rischio sostanziale, ma al tempo stesso per quelle che sopravviveranno c’è un miglioramento delle prospettive.
Anche in passato le banche cinesi si sono costruite una reputazione di inefficienza e lentezza nell’adattamento. Molte di esse si sono tuttavia rivelate altamente innovative. L’innovazione ha però i suoi rischi. Un elevato livello di controllo statale sui mercati finanziari cinesi ha incentivato i banchieri più esperti in Cina ad aggirare la regolamentazione in materia di credito, spostando l’erogazione dei prestiti tradizionali verso il perimetro dei “prodotti di investimento”, un’area con una vigilanza più limitata e che non richiede adeguamenti di capitale.
Di conseguenza, molte banche hanno un’esposizione agli “investimenti” superiore a quella del portafoglio di prestiti, un effetto che ha sostenuto la crescita degli asset, ma ha creato un notevole rischio sistemico non pienamente riflesso nei dati ufficiali. L’anno scorso abbiamo visto che l’Autorità cinese di regolamentazione finanziaria ha iniziato a proporre misure più incisive per limitare la crescita del cosiddetto “shadow banking” e questo ha già avuto un impatto positivo sulle pratiche di finanziamento. Tuttavia, sebbene la recente crescita degli asset bancari sia rallentata, i livelli di debito del sistema sono ancora elevati e ciò richiederà riforme continuative sul medio termine.
In Cina, il ritmo dei cambiamenti è sempre stato più sostenuto nel settore delle vendite al dettaglio. L’aumento delle transazioni online ha colpito le imprese a livello globale, ma pochi Paesi sono stati influenzati da questa rivoluzione come la Cina. Poiché circa il 15% di tutte le vendite retail avviene online[3], in Cina la percentuale dell’e-commerce è quasi doppia rispetto agli Stati Uniti, e il leader di mercato Alibaba sta già puntando a “ridefinire l’esperienza” del restante 85% delle vendite effettuate offline attraverso un “nuovo modello retail”. Inoltre, le società Internet cinesi hanno ampliato i propri servizi nel campo finanziario ben oltre i loro equivalenti occidentali.
Ciò ha reso la Cina il più grande mercato di eFinance al mondo, con circa 500 milioni di utenti ePayment, 400 milioni di investitori che acquistano prodotti finanziari online e circa 160 milioni di sottoscrittori di prestiti online[4]. Con lo spostamento online dell’attività economica, si è prodotto un lungo elenco di vittime tra quelle realtà che sono state lente o incapaci ad adattarsi. Allo stesso tempo, ci preoccupa il fatto che il prezzo delle azioni di alcune società Internet cinesi possa essere viziato da un eccessivo ottimismo sulle loro prospettive. In futuro, la rivoluzione portata dall’innovazione online continuerà ad essere profonda, con conseguenze che andranno ben al di là del settore Internet. Per noi è fondamentale guardare alle proiezioni passate dei profitti a breve termine e monitorare le nostre partecipazioni in società Internet per rilevare eventuali segnali di rischio che esse possano passare da predatore a preda man mano che il settore si evolve.
Considerato che sia Madre Teresa che Donald Trump sono nati nell’Anno del Cane, non sorprende forse che le performance delle aziende cinesi saranno probabilmente molto variegati. I cambiamenti radicali hanno creato grandi opportunità, ma anche notevoli rischi. Finora, il contesto macroeconomico positivo ha sostenuto le imprese cinesi che altrimenti sarebbero state in difficoltà. Nel 2018, un cambiamento di questo ambiente potrebbe vedere venire meno questo sostegno, una situazione che potrebbe rappresentare un grosso colpo per quegli investitori che si mostrano incuranti rispetto alle sfide che attendono il Paese da qui in avanti. Nel 2018, stare “attenti al Cane” comporterà un approccio molto più selettivo, in quanto, nonostante le sfide, la Cina mantiene alcune delle opportunità bottom up più interessanti rispetto a qualsiasi altro mercato azionario globale.
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